Come è ormai noto, il grande dipinto, alto quasi due metri e mezzo, “Il male è vinto” dell’artista Cosimo Epicoco, collocato sin dal 2013 sull’altare maggiore della chiesa di S. Michele Arcangelo, è stato da poco trasferito alla Mostra Expo Arte Italiana a Villa Bagatti Valsecchi a Varedo, per essere esposto tra le opere selezionate dal critico d’arte Vittorio Sgarbi, per la rassegna di “belle arti” ufficiale prevista nell’ambito dell’Esposizione universale milanese 2015.
La suggestiva cornice dell’altare lasciata libera nella sede del Map di Brindisi dalla tela di Cosimo Epicoco è stata prontamente e adeguatamente riiempita con il dipinto di Giuseppe Ciracì, “Un’idea per l’Arcangelo Michele”, che già preannuncia le prossime sue “Pale d’Altare al Map (Museo dell’arte presente)”, la cui inaugurazione è prevista per il 10 ottobre in occasione della X edizione della Giornata del Contemporaneo.
Come Brundarte abbiamo deciso di andarlo a trovare nel suo studio in Via G. Bruno 65, per saperne di più sullo stato dei lavori e per vedere come nascono le sue opere.
Scopriamo così che la seconda tela da esporre al Map, addossata al muro di fronte con le impronte digitali) è quasi pronta: siamo agli ultimi dettagli, mentre della terza per ora, c’è soltanto una enorme tela arrotolata che si vede in un angolo della foto sopra.
Veniamo a sapere che è composta da 86 fogli di album da disegno incollati su tela, con immagini e pensieri composti dai giovani allievi delle sue classi su cui sono apposte le impronte digitali (vere) dell’Autore, quasi a significare il voler lasciare una traccia, indicare un cammino alle giovani generazioni, così come i Padri Scolopi fecero in altri tempi proprio all’interno del complesso delle Scuole Pie.
Alcune note biografiche
Nato a Brindisi nel 1975. Inizia gli studi presso il Liceo Artistico “Edgardo Simone” di Brindisi e prosegue diplomandosi con lode in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Lecce. Muove i primi passi in Puglia per poi trasferirsi nel 2003 a Milano dove sviluppa le ricerche nell’ambito della pittura figurativa. Dal 2007 focalizza l’intera produzione sul tema del ritratto, reinterpretato in una chiave del tutto personale. Ha una tecnica che lavora sul visibile e l’invisibile, su uno strappo creato dai materiali quasi fosse una lacerazione della superficie pellicolare, un’alternanza tra “scheletro e pelle” con una proprietà di codice poetico sapiente e dai tempi allungati.
Spesso le sue opere a matita sono composte da una dinamica moltiplicata da più fogli che contengono un repertorio organizzato di informazioni a costituire un’unica narrazione.
Ha collaborato con i suoi dipinti al film-documentario Sigmund Freud, Il grande pensatore, regia di Ferruccio Valerio, il Centro Storico, Milano 2007. È docente di Arte e Immagine e di Discipline Pittoriche nelle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Colleziona dal 1997 un’intensa partecipazione a collettive e personali su tutto il territorio italiano ed internazionale, da Catania a Milano, da Venezia a Lecce, fino a Berlino e Bali (lndonesia). Tra le ultime sono da ricordare la mostra personale del 2014, la personale A Windsor del 2013, allestita negli spazi di Palazzo Vernazza di Lecce, curata da Martina Cavallarin e Massimo Guastella e la mostra intitolata Dialogo con Leonardo del 2011 presso il MAP Museo Mediterraneo dell’Arte Presente di Brindisi.
Riceve numerosi premi e riconoscimenti tra cui i più recenti nel 2013.
Vive e lavora tra Brindisi e Milano.
Stralci dell’Intervista all’artista – di Daniela Rucco
D. L’ambito della tua ricerca spazia verso tre direzioni complementari ed autonome ma al contempo intrecciate. Mi riferisco ai cicli di lavori titolati A Windsor (2011-12), All in the Face (2010), Elogio della Calvizie (2009). Quali sono le principali chiavi di lettura delle opere di A Windsor, e quali le ragioni che ti spingono a coltivare l’esperienza rinascimentale leonardesca, seguendo un profilo prettamente innovativo?
R. Tutto il lavoro è mosso da una ricerca, un’indagine sulla precarietà dell’esistenza, sulle pulsioni psichiche o dir si voglia “moti dell’animo” che tanto cari furono a Leonardo.
A Windsor, All in the Face, Elogio della Calvizie partono proprio da una considerazione comune, Leonardo nel suo Trattato di pittura scrive: «Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo: altrimenti la tua arte non sarà laudabile» e, ancora, «Lo bono pittore ha da dipingere due cose principali, cioè l’homo e il concetto della mente sua».
Nell’ultimo ciclo, quello intitolato A Windsor, ho cercato di andare verso una maggiore riduzione del segno, focalizzando l’attenzione su due elementi principali: il “contenuto” – la mia ossessione per il volto, l’atteggiamento scientifico del lavoro leonardesco e il pensiero filosofico neoplatonico – e il “supporto”, l’idea di associare più carte insieme, lavorare con le stampe, il disegno, il nastro adesivo, la carta lucida, la parola scritta o stampata. Elaborare l’immagine attraverso la stratificazione di più elementi insieme.
D. I titoli delle opere sono caratterizzati da un codice numerico ed una Sigla, “RL”, riconducibile alla rinomata Royal Library collocata nel Castello Reale di Windsor.
R. Tutte le opere sono il risultato di diverse azioni: da una parte l’osservazione e la riflessione attenta verso la società del nostro tempo, le paure e i vuoti contemporanei, dall’altra uno studio di testi e fonti letterarie. Il ciclo sul “rasato” parte proprio dalla lettura e dalla riflessione profonda di un libro di Sinesio di Cirene, poeta greco, dal titolo Elogio della Calvizie.
Il ciclo A Windsor, nato dopo la lettura degli scritti letterari di Leonardo e di alcuni libri di Carlo Pedretti — uno dei maggiori storici dell’arte che più ha seguito le vicende del genio rinascimentale -, si riferisce ai 600 bozzetti conservati nella Royal Library del Castello inglese, ogni lavoro è siglato con il codice RL seguito dal numero d’archivio del bozzetto a cui fa riferimento.
D. Mentre in All in the Face ed Elogio della Calvizie ha acquisito vigore il connubio tra il segno della matita ed il colore ad olio e acrilico, nel ciclo A Windsor, approdo oggi della tua ricerca, è la grafite ad avere preminenza nell’amalgama dei materiali adoperati.
R. Nei lavori concepiti prima del 2009 sotto l’immagine dipinta viveva sempre l’immagine disegnata. Stavo ore, se non giorni a concepire il disegno, chiaroscurandolo in ogni minima parte e che conseguentemente coprivo con gli strati della pittura. Così facendo la pittura viveva sulla struttura del disegno. Pian piano ho lasciato e dato spazio al disegno, liberandolo dalla pittura e facendolo vivere nel pieno della sua autonomia. Scheletro e pelle hanno cominciato a vivere parallelamente sulla stessa immagine.
D. Nel disegno e nella composizione precisa e puntuale dei tuoi lavori è evidente il contrasto tra “scheletro e pelle”, dominato da una incompletezza voluta e ricercata. Nel tuo operare in genere le ispirazioni e le idee dirigono la forma progettuale e la realizzazione artistica è resa mediante i segni psicologici del volto.
R. Scarnificazione e sottrazione non solo di linguaggio, ma anche di contenuto, attraverso l’incompletezza dell’immagine, e la definizione del vuoto: il bianco della tela lasciato scoperto. Come in filosofia l’ “horror vacui” di Aristotele afferma che la natura rifugge il vuoto, e perciò tende a riempirlo costantemente, allo stesso modo gli squarci, le lacerazioni sulla tela sono vuoti da riempire, zone dove ricercare la verità dell’esistenza. Sono anche zone di tensione dove l’uomo rinascimentale alla stessa maniera di quello contemporaneo, si interroga sulla grandezza delle cose, sui limiti dell’io, sul non essere accessibile a tutti.
G. Ciracì in mostra a Brindisi
Esposizioni recenti
Alcuni brani dell’articolo “L’opera di Giuseppe Ciracì. Dagli esordi ai lavori recenti (2000-2012)” di Massimo Guastella
Nei primi anni opera con ovvietà tipiche dell’acerbità del ventenne, esponendo in personali e collettive per lo più a carattere regionale, correndo il rischio di adattarsi e conformarsi alla modesta cultura artistica locale. Già si coglie in quel periodo il parallelo sviluppo del genere del ritratto.
Quelle prove costituiscono il sostrato della svolta decisiva maturata durante il soggiorno milanese. A contatto con un ambiente dell’arte aggiornato sugli standard internazionali, liberatosi da ogni relazione o dipendenza dalla tradizione locale, si dedica soprattutto al disegno dal vero, allo studio delle tecniche pittoriche e all’approfondimento non solo formale ma anche psicologico delle fisionomie. Grazie a questo lungo periodo, esattamente l’arco di un quadriennio, guardando con interesse a molte altre esperienze pittoriche antiche e moderne riesce ad abbozzare una sua cifra stilistica. Lo attestano le sequenze di volti di bambini, donne, uomini giovani e adulti di cui diventa osservatore privilegiato. Le denomina Faces, e si concentrano tra il 2007 e il 2008. Il tema dei ritratti, ripresi in primissimo piano, dai fondi monocromi, taluni segnati da qualche ribelle pennellata gestuale, risulta essere una soggettivazione di personaggi dell’epoca moderna, che inaugura la nuova fase in cui l’artista si afferma come pittore di realtà.
Da lì a poco nasce il ciclo delle Elogio delle calvizie (2009), un soggetto che pur restando nell’alveo del ritratto risulta stravagante nell’opzione iconografica.
Quei giovani volti maculati di bianco, in attesa delle tessere di un puzzle che li completi, riflettono un vissuto interiore. Le lacune di tratti somatici e campiture sono funzionali al progressivo disvelamento di uno stato mentale, acuto e penetrante.
Su questa scia di visioni lacerate o manchevoli di qualche tratto, abbinate a parti scheletro-anatomiche, procede la successiva produzione, come è osservabile nel ciclo inaugurato nel 2010 e intitolato All in the face.
L’umanità rappresentata da uomini e donne, è vivisezionata sino alla disumanizzazione; perfino il cranio ossia ciò di cui l’essere è strutturalmente composto campeggia protagonista tra i suoi soggetti, come una sorta di memento mori.
L’ultimo biennio, che vado a considerare, è quello più maturo in cui affronta un nuovo, ambizioso progetto A Windsor. Il ciclo è incentrato sull’accostamento ai seicento disegni sul tema anatomico realizzati da Leonardo da Vinci, oggi custoditi alla Royal Library del Castello Reale di Windsor, e sulle suggestioni critiche che trae dagli studi di Carlo Pedretti.
Le carte leonardesche di Windsor sono le fondamenta su cui Ciracì sa costruire opere di sorprendenti intensità e novità. Il suo metodo incrementa i media ed è minuzioso nella rigorosità d’ordine compositivo, nella pazienza certosina degli assemblaggi, nella precisione della matita. Affatto rinuncia al pennello elaborando esclusivamente attraverso la forza del segno e di potenti effetti chiaroscurali. Prospetta una sorta di riappropriazione degli statuti del Quattro e Cinquecento, dei canoni della rappresentazione vasariana riconoscendo che la pittura nasce «da un padre che è il disegno».
Perciò sceglie Leonardo da Vinci il massimo artefice di progetti che guardano al futuro. Ciò nulla toglie all’artista salentino che, sentendosi epigono della tradizione, la prosegue e la modifica perpetuando la testimonianza del proprio tempo, consapevole che il confine è sempre più sottile.
Un ringraziamento all’amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini
Bibliografia
Giuseppe Ciracì – Opere (2009-2012), di Massimo Guastella. Mario Congedo Editore 2012 – Galatina (Le)